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Significato teologico della Penitenza e senso del peccato

don Gustavo Bergamelli – Vicario parrocchiale di Nese

 

 Apriamo il discorso...

Punto di partenza (e di arrivo), è il riconoscere che la riconciliazione e la penitenza costituiscono un dono di Dio, di valore inestimabile e di inesauribile ricchezza, che la Chiesa deve continuamente e con rinnovato impegno contemplare, comprendere e proporre. Nessuno può illudersi di averlo compreso una volta per sempre.

Ma il dono di Dio non va solo compreso, richiede anche di essere vissuto nell’impegno quotidiano, e celebrato nella gioia e nella festante riconoscenza. Compito della teologia è pertanto molteplice: approfondire l’intelligenza del mistero della riconciliazione, mostrarne la bellezza e la fecondità, difenderlo dai fraintendimenti, renderlo comunicabile nella predicazione e nella catechesi, risvegliare una sana consapevolezza del peccato e indicare le molteplici vie per vivere e celebrare questo mistero.

 

Mentre il primo incontro aveva aperto i nostri orizzonti sulle problematiche, le diffidenze, i timori e le incomprensioni del quarto sacramento, l’indagine storica ci ha permesso di reperire gli elementi fondamentali del processo penitenziale e di coglierne la giusta posizione e la vera natura. Ora tenteremo di presentarli in modo organico, avvalendoci della sintesi teologica contenuta nella "Reconciliatio et paenitentia" (RP) - esortazione apostolica post-sinodale di Giovanni Paolo II (2.12.1984), e illuminati da un inevitabile dialogo col testo biblico.

 

"Dio, in Cristo, ha riconciliato a sé tutte le cose"... : (Col 1,20)

Dio, fonte di riconciliazione.

 

"Tutti gli atti di riconciliazione (alcuni dei quali passano inosservati nella loro quotidianità), che in varia misura tendono a risolvere le tante tensioni, a superare i tanti conflitti e a vincere la piccole e grandi divisioni, rifacendo l’unità",

provengono da una

"radice nascosta, una riconciliazione, per così dire, fontale, operante nel cuore e nella coscienza dell’uomo..."

"...è il dono misericordioso di Dio all’uomo... cioè la riconciliazione per cui Dio, che è Padre, nel sangue e nella croce del suo Figlio fatto uomo ha riconciliato a sé il mondo, facendo nascere così una nuova famiglia di riconciliati". (RP4).

La missione specifica della Chiesa consiste nel risalire continuamente a questa riconciliazione ‘fontale’ per annunciarla, servirla, comunicarla nei sacramenti e testimoniarla nella vita: Dio ci ha riconciliati a sé e tra noi, in Cristo!.

La parabola del figlio prodigo (o Padre misericordioso) è l’espressione più alta di questa riconciliazione. Dio viene presentato come colui che non aveva certo dimenticato il figlio, anzi gli aveva conservati intatti l’affetto e la stima. La riconciliazione, quindi, come dono anzitutto di Dio.

 

All’origine della riconciliazione sta quindi l’iniziativa di Dio che si concretizza e si manifesta nell’atto redentivo di Cristo e opera per la potenza dello Spirito Santo. Il mistero della riconciliazione apre allora alla certezza che la via del perdono e dell’amore è aperta a tutti gli uomini; (un uomo che certo è liberato dal peccato, grazie a Cristo, ma non dalla lotta al peccato, intrinseco alla sua umanità-corporeità).

La celebrazione del sacramento della riconciliazione, che comprende l’invocazione di Dio Padre di misericordia, di Gesù e dello Spirito e si concretizza nel segno di perdono che giunge dall’esterno come dono immeritato di Dio, ci fa toccare la riconciliazione come il venire misericordioso di Dio all’uomo, come suo dono.

 

"O Dio, abbi pietà di me, peccatore!": (Lc 18,13)

Riconoscersi peccatori.

 

Non possiamo non riconoscere che il peccato mantiene tutta la sua abissale negatività. E’ opera della libertà umana, ma è anche sollecitato dalle forze oscure che agiscono nel mondo. La sua profonda natura maligna è smascherata soltanto dalla croce di Gesù. La si può scoprire e quindi ci si riconosce peccatori se ci si lascia contestare dalla Parola di Dio e ci si specchia in essa. Non quando si commette il peccato, ma quando ci si pente, se ne scopre tutta la gravità. L’uomo è capace di farsi del male da sé, con il peccato, non è però capace di risanarsi da sé. Anche questo fa parte del mistero del peccato. Il peccato più difficile da sanare è infatti il non riconoscersi peccatori. L’uomo, per potersi scusare, è sempre pronto ad accusare.

 

Ma, che cosa è il peccato?

L’uomo moderno rifiuta il peccato.

Pur essendone vittima e pur vivendo in un mondo oppresso e disgregato dal peccato, si ostina a giudicare il peccato un’entità astratta, e a considerare l’idea stessa del peccato come qualcosa di inaccettabile in tempi di progresso.

Lo giudica il prodotto di un oscuro fanatismo religioso da tempo superato.

Temendone le conseguenze e non sapendo come uscirne, ha trovato la comoda soluzione nel negarne l’esistenza. L’uomo moderno sembra così finalmente libero, autosufficiente, giudice e padrone delle proprie azioni!.

Il catechismo della chiesa cattolica così definisce il peccato:

"è una mancanza contro la ragione, la verità, la retta coscienza. E’ una trasgressione in ordine all’amore vero verso Dio e verso il prossimo... E’ un’offesa a Dio, una ribellione e una disobbedienza a Lui; una parola, un atto o un desiderio contrari alla Legge eterna".

Il peccato non è semplicemente la trasgressione di una regola, ma rappresenta soprattutto un rifiuto di collaborazione e di amore che riguarda direttamente la persona stessa di Dio. Rifiutando Dio e la sua amicizia, l’uomo rifiuta il proprio Bene. E il peccato è dunque ciò che danneggia più profondamente l’uomo, nel suo rapporto con sé stesso, con Dio e con i fratelli.

 

 Alcune affermazioni contenute nel documento "Reconciliatio et paenitentia", ci aiutano a comprendere meglio che cosa sia il peccato.

  1. Il peccato è anzitutto un’azione. Ma un’azione non esiste in sé, esiste la persona che agisce. Non esiste il peccato in astratto, esiste il peccatore, la persona che pecca.

  2. Meglio è una presa di posizione. E’ una scelta, una scelta cosciente e libera della persona, per cui la persona vuole raggiungere un obiettivo.

  3. Perciò è la persona che conta nel valutare il peccato, la persona con tutta la sua storia e i suoi condizionamenti: il peccato non è una ‘cosa’, è una persona che agisce... non si può cosificare il peccato.

Il papa avverte: "Il discorso sul peccato non può essere svolto solo in termini astratti" (RP13).

Il nuovo documento della Chiesa lancia il tentativo di una definizione moderna e profonda del peccato:

  1. E’ l’esclusione di Dio dal raggio dell’uomo, una rottura, una disobbedienza: "viene troncato con violenza il rapporto con Dio"; (RP14).

  2. E’ un atto suicida: "rompe l’equilibrio interiore dell’uomo e fa esplodere contraddizioni e conflitti... E’ una lacerazione anche nei rapporti con gli altri"; (RP15).

  3. E’ un atto personale e responsabile; "in ogni uomo non c’è nulla di tanto personale e intrasferibile... Non si può ignorare questa verità per scaricare su realtà esterne (strutture-sistemi) il peccato dei singoli". (RP16).

 

Le differenziazioni del peccato...

Normalmente lo differenziamo tra mortale e veniale. Ma è da dire che: "non è facile nella concretezza delle situazioni operare nette delimitazioni di confine" (RP17).

San Tommaso lo descrive così:

- il peccato mortale: "un disordine che va fino alla separazione da Dio";

- il peccato veniale: "un disordine al di qua della separazione da Dio".

La catechesi della Chiesa precisa che "è peccato mortale quello che ha per oggetto una materia grave e che inoltre viene commesso con piena consapevolezza e deliberato consenso". (RP17).

In parole povere, si parla di peccato mortale nel senso che, il rifiuto di comunione di amore con Dio, stacca dal principio di vita che è Lui: è scelta di morte.

Ogni peccato è comunque sempre un vero e proprio atto di libertà di una persona, un peccato personale, e pertanto ha le sue prime e più importanti conseguenze nel peccatore che, si priva del rapporto vitale con Dio.

Ma il peccato di ciascuno si ripercuote in qualche modo sugli altri, su tutti. La comunione dei santi grazie alla quale "ogni anima che si eleva, eleva il mondo" ha come correlativo negativo una comunione del peccato per cui l’anima che si abbassa per il peccato, abbassa con sé la Chiesa e, in qualche modo il mondo intero.

Solo una vera e sincera conversione può rinnovare lo stato di vita del peccatore.

 

"Mi leverò e andrò da mio Padre...": (Lc 15,18)

La penitenza o conversione.

E’ il punto centrale e determinante il quarto sacramento, in quanto l’uomo si decide per un profondo e radicale cambiamento, dall’interno all’esterno.

La penitenza è infatti la libera risposta dell’uomo all’iniziativa riconciliante di Dio. E’ la disposizione dell’uomo a lasciarsi riconciliare con Dio.

La vera riconciliazione

"suppone che si sconfigga la rottura radicale che è il peccato; il che si realizza soltanto attraverso la trasformazione interiore o conversione, che fruttifica nella vita mediante gli atti di penitenza" (RP4).

Va sottolineata la differenza abissale tra il dispiacere e il rimorso da un lato e la penitenza dall’altro. Rimorso e dispiacere sono ripulsa di se stessi e imprigionamento nel passato. La penitenza invece apre a Dio e agli altri ed è rivolta all’avvenire.

La fede è pertanto la componente determinante della penitenza-conversione e richiede che l’espressione privilegiata della conversione che è la confessione, ancor prima di essere confessione dei peccati, sia confessione della fede in Dio Padre misericordioso (confessio fidei). L’impegno catechetico e pastorale dovrebbe orientarsi maggiormente a rianimare la fede dei penitenti e mirare a confessioni meno moralistiche e più ricche di fede.

Ancora, fare penitenza vuol dire, in termini biblici, esercitare

"lo sforzo concreto e quotidiano, sorretto dalla grazia di Dio, per perdere la propria vita per Cristo..., per spogliarsi del vecchio uomo..., per superare in se stesso ciò che è carnale, per innalzarsi continuamente dalle cose di quaggiù a quelle di lassù" (RP4).

La penitenza è allora trasformazione progressiva del cuore e della vita.

 

 

"Confesso a Dio onnipotente e a voi fratelli...":

Confessare il peccato.

 

Con la confessione dei peccati, che suppone la confessione della fede (confessio fidei) e della lode (confessio laudis), la penitenza- conversione si fa parola e si concretizza in molte forme. C’è la confessione a Dio, la confessione ai fratelli, la confessione alla Chiesa rappresentata dalla persona del ministro.

La confessione a Dio è la prima e imprescindibile forma di confessione. Il fatto che ciò si concretizzi, nel sacramento della riconciliazione, davanti alla persona del ministro, pone la conversione e il perdono dei peccati dentro la sfera ecclesiale. Questa piena integrazione ecclesiale è richiesta a rigore solo per i peccati mortali, ma vale analogicamente anche per la confessione dei peccati veniali.

Accusarsi davanti ad un ministro, esplicita pure il senso della confessione dei peccati tra fratelli, dove il riconoscersi colpevoli davanti al prossimo e nei suoi confronti chiedendogli perdono, costituisce un atto penitenziale di singolare e irripetibile valore.

E’ qui che si apre la considerazione successiva.

 

"Ha affidato a noi il ministero della riconciliazione...": (1Cor 5,18)

I ministri della riconciliazione.

 

Se con il suo peccato il battezzato si separa vitalmente dalla Chiesa e in qualche modo la danneggia, tocca al capo della comunità, cui spetta il compito di esprimere e promuovere l’unità della chiesa particolare, raccoglierlo.

L’assoluzione è quindi in primo luogo l’atto di riammissione nella comunità. Questa indole comunitaria della penitenza esige che la riammissione dei membri peccatori avvenga dalla unione tra il sacerdozio ministeriale e il sacerdozio comune. Entrambi segno e strumento della riconciliazione operata da Cristo. E’ Cristo che assolve.

Cristo non ha delegato il ministro a sostituirlo, bensì a prolungare in qualche modo la sua presenza sensibile nello spazio e nel tempo.

 

 

 "A chi rimetterete i peccati saranno rimessi...": (Gv 20,23)

La remissione dei peccati.

 

L’efficacia dell’assoluzione viene espressa con i concetti di riaggregazione ecclesiale e di remissione dei peccati. Con il termine di remissione dei peccati la Chiesa intende esprimere l’effetto trascendente operato da Dio nel penitente, mediante il ministero della Chiesa che consiste in una reale liberazione dai peccati.

E’ possibile infatti incorrere in due errate posizioni:

  1. la prima può essere detta ‘minimalista’, perché concepisce la remissione dei peccati come un’amnistia. Dio promette di non tener più conto dei peccati; per cui l’uomo non viene rinnovato interiormente, ma i suoi peccati vengono benevolmente ignorati.

  2. la seconda può essere invece detta ‘massimalista’, perché attribuisce alla remissione l’annientamento degli atti peccaminosi commessi in passato. Si tratta di una assurdità, perché ciò che è stato fatto non può essere magicamente annullato.

L’interpretazione corretta è quella che vede nel perdono di Dio e nella remissione dei peccati un atto creativo della sua misericordia e della sua onnipotenza, che trasforma il peccatore, lo rinnova e gli restituisce la dignità di figlio, donandogli la grazia e la carità.

Questo effetto soltanto Dio può produrlo ("solamente Dio può rimettere i peccati") e se egli intende servirsi del ministro della Chiesa è per renderlo strumento di un evento che supera ogni possibilità umana.

Tuttavia il rinnovamento dell’uomo non comporta l’immediata eliminazione di tutte le inclinazioni, le abitudini, le incertezze contratte con i peccati commessi e, neppure, esenta il penitente dal riparare i torti e i danni fisici e morali procurati e persone singole o a gruppi.

 

"Ecco, Signore, do la metà dei miei beni ai poveri e se ho frodato qualcuno restituisco quattro volte tanto...": (Lc 19,8)

La soddisfazione.

La confessione per essere efficace, deve produrre un continuo e proficuo cammino di conversione. Esso ha diversi riflessi; uno di questi è quella che la Chiesa chiama la ‘soddisfazione’. Se questa era forse più marcata quando la penitenza era tariffata, oggi essa è ridotta a proporzioni quasi simboliche. Tuttavia, i recenti documenti del magistero tornano a chiedere una soddisfazione commisurata alla natura e alla gravità del male commesso.

Qualcuno può giustamente chiedersi: ma, se Dio perdona veramente, ha ancora senso la soddisfazione?.

Il battezzato penitente viene riconciliato con Dio e con la Chiesa, ma non trasformato istantaneamente in tutto il suo essere. Il penitente, quindi, è chiamato a collaborare attivamente a liberamente con il dinamismo riconciliatore di Dio, affinché esso permei tutta la persona, per un vero ed efficace cammino di conversione.

Cristo infatti opera il rinnovamento del penitente dimorando in lui, attivandone le energie e valorizzandone le sofferenze, non volendo compiere senza di lui il suo rinnovamento. Dio chiede la collaborazione della libertà dell’uomo.

 

"Va’ e ammoniscilo tra te e lui solo...": (Mt 18,15)

La testimonianza della Chiesa, oggi.

 

Continuando il discorso precedente, possiamo considerare un ultimo aspetto della riconciliazione sacramentale (anche se ne potremmo trovare e sottolineare altri).

La Chiesa ha infatti il compito di profetizzare, svolgere cioè la funzione profetica in tutta la sua ampiezza attorno al tema della conversione-confessione. La Chiesa è chiamata a svolgere la funzione di individuazione e di denuncia delle negazioni più radicali di Dio e dell’uomo e di appello quindi alla conversione.

Attraverso la proposta di modelli negativi che provochino indignazione (cfr. per esempio la provocazione di Natan verso il re Davide, 2Sam 12), o positivi che suscitino ammirazione e imitazione; modelli non solo teorizzati ma testimoniati nella vita quotidiana, e infine, richiami iniziative che risveglino le coscienze e ammoniscano su ciò che è incompatibile con la logica del vangelo.

Sono queste tutte vie capaci di attualizzare la Parola di Dio, e formare una sempre più vera coscienza penitenziale, così che la celebrazione del sacramento non sia staccato dalla vita, ma momento integrante, forte ed efficace, per ricreare un giusto equilibrio di amore tra l’uomo e quel Dio che è Padre misericordioso.

 

BIBLIOGRAFIA

Bibbia di Gerusalemme, traduzione CEI

Catechismo della Chiesa Cattolica, libreria editrice vaticana

Reconciliatio et Paenitentia, esortazione apostolica di Giovanni paolo II, 1984

AA.VV., Il sacramento della penitenza e la sua celebrazione, quaderni di studi e memorie, ed.Velar, Bergamo 1983

Carlo Collo, Riconciliazione e penitenza, Edizioni Paoline, Torino 1993

Andrea Gasparino, Il sacramento del perdono gioia e festa di Dio e dell’uomo, LDC, Torino 1987

Novello Pederzini, Il sacramento del Perdono, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1998